Di nuovo secco.

La fottutissima alta pressione di matrice nord africana non molla. Il terreno è di nuovo secco, salvo la rugiada mattutina che però resiste solo all’ombra. Mi annoto la persistenza di questa merda che si prevede insista ancora per almeno fin quando si spinge lo scenario dei modelli, ossia dieci giorni. Mi limito ad un vaffanculo elevato alla ventiquattresima potenza.

In questa foto la mia pancia viene nascosta dal tutore, sembro perfino longilineo. Tagliando l’erba con il trattorino, sono slittato e finito tra due dei quattro tutori di questo tiglio. Dopo essermi dato del cretino in vari font e tabelle, ho provato ad uscire da questa imbarazzante situazione. Ma tirare fuori il trattorino era impossibile, ho dovuto dunque tranciare due tutori per potermi disincagliare. Ho piantato infine due tutori nuovi e sono stato colto mentre facevo il nodo ad una delle quattro scotte che tengono il tronco in posizione verticale anche in caso di vento.

Due giorni fa sono stato a pranzo a mezzogiorno al ristorante Europa di Galleria Mazzini con un caro amico che lavora li vicino e va spesso. In fondo alla sala c’è la scala che sale al piano superiore dove l’ambiente è più spartano ed il conto pure.

Vicino alla scala c’è un tavolo con sedute due persone dalla faccia tristissima. Impossibile non notarle passandoci a fianco. Uno, capelli e barba bianca su volto tondo e roseo, sembra Babbo Natale con l’espressione di quando gli hanno appena rubato la slitta con le renne. Uno invece con la faccia smunta grigia con nunces gialle, sembra un personaggio del teatro iperrealista dopo che la casa con tutta la famiglia gli è stata portata via dall’alluvione ed il cane è finito sotto il treno.

Ecco a voi Cofferati e Fassino. Non mi interessa fare commenti politici, ci mancherebbe, ma questi due hanno la faccia di una tristezza che sono salito dalle scale con gli occhi rossi.

Miriam ogni tanto mi prende ancora sul serio. Era al telefono e mi ha chiesto il nome di un albergo a Firenze. “Hotel budello di tu’ madre” ho risposto di istinto, Miriam per un paio di secondi ha provato ad elaborare il nome, la sua espressione sospesa nel vuoto. Poi finalmente si è sintonizzata e mi ha sollecitato il nome vero, che naturalmente non ricordo minimamente.

Tanti anni fa era uso diffuso cambiare parti del motore, o tutto il motore, delle Vespe 50. Io avevo un 60, ma c’era chi metteva il 121 Pinasco. Oggi ti arrestano ma allora veniva considerato un gioco ed i vigili raramente ti contestavano la cosa. Torniamo ad oggi; la mia falciatrice aveva il motore rotto e perdeva olio, due settimane fa l’ho portata dal rivenditore. Diagnosticata la rottura del basamento motore e la non riparabilità, mi è stato proposto di sostituire il motore, interamente, montando un motore Honda di una falciatrice che avevano riparato ed era avanzato in magazzino. Mi è sembrata una cosa straordinaria ed illegale, poi ragionando non credo che la sostituzione abbia infranto qualche legge. Almeno non credo.

Il nuovo motore gira in modo diverso, fa un suono diverso e di nuovo mi è sembrato di tornare quando avevo diciassette anni ed un vespino color arancione. L’eccitazione di quando provavi la Vespa dopo l’elaborazione per la prima volta e questa ti sembrava andasse come il vento. Ed in effetti anche la falciatrice, al pari della Vespa, dopo questa elaborazione va molto più veloce; la falciatrice ha una leva il cui azionamento la va avanzare. Sistema utile che annulla o quasi lo sforzo di spingerla. Adesso scatta in avanti e non c’è modo di rallentarla. Non dico che faccio fatica a starle dietro, ma insomma mentre prima il passo era tranquillo, adeguato ad un ultra sessantenne. Adesso è diventata una camminata veloce.

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Rieccola.

Questa volta è davvero on line. Naturalmente bisogna dirlo a bassa voce perchè non si sa mai cosa può accadere, il fissaggio funziona egregiamente, per il momento non si è staccato ed io non sono volato giù dal tetto.

Nelle pieghe della sistemazione del nuovo router, ho spaccato il cazzo a mezzo mondo lamentando che la televisione ed il router non dialogavano tramite il cavo di rete. Al mio negoziante di fiducia, al servizio 187, alla chat della Samsung. Il cavo ha sempre funzionato, ma il router nuovo non vede la televisione, dev’essere un problema di configurazione, l’IP sbagliato, la corrente galvanica invertita, il gomito che fa contatto col piede (cit.)

Allora, scopro che la televisione in effetti non è mai stata collegata con il cavo, ma io ero convinto di si, nonostante la mancanza fisica del cavo. Insomma, un black out neuronale e non so neppure perchè io fossi convinto ci fosse un cavo ethernet. Bastava guardare dietro la televisione e non scambiare il cavo dell’antenna con un cavo di rete, ricordare che quel cavo di rete che è attaccato al router non andava alla televisione ma collega un ripetitore che so benissimo esserci.

Questo non è un episodio così isolato ed inatteso. Si tratta più di una caratteristica del mio comportamento che ogni tanto salta fuori e che fa parte di quel bagaglio di note negative che tanto hanno contribuito a rendere il profilo della vita professionale consistente come carta assorbente. Se si inspessisce ogni tanto è solo perchè ha accidentalmente assorbito acqua.

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Ci siamo. Quasi.

Appena tornato dalla rinomata campagna, mi è partito l’embolo di sostituire il router di Genova. Prima o poi avrei dovuto farlo, sono stato ispirato. Fatti salvi due problemi collaterali che penso di risolvere in breve tempo, la sostituzione del router è andata abbastanza bene. Adesso la webcam infatti dialoga con la rete, dunque uno dei prossimi giorni riproverò a sistemarla sul tetto, salvo ulteriori intoppi strutturali che fin quando non sono sul posto non riesco ad immaginare.

Smentendo quando avevo scritto sulla banalità intrinseca nel pubblicare le solite foto dei fiori autunnali. Ecco uno dei due Alberi di Giuda. Quello più anziano ha mantenuto quasi tutte le foglie. Questo, che nella calura estiva si è defogliato, adesso non solo ha rimesso le foglie, ma anche qualche fiore.

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E’ primavera (la seconda)

Dopo un risveglio a +9,5°, la temperatura sale rapidamente nell’aria limpida con un sole splendente. Tre tigli cordata hanno messo su una intera chioma di foglie nuove, dopo la defogliazione estiva. Sono foglie leggermente diverse da quelle primaverili; un verde più chiaro, si notano delle nervature, sono più rade che in primavera. Anche alcune querce che si erano spogliate quasi completamente hanno messo su foglie nuove, anche in questo caso più chiare di quelle sopravvissute. Mi sembra di capire che se l’albero ha abbastanza foglie, non ne mette di nuove. Ma se ne ha perse troppe, le gemme si sono aperte e ci sono foglioline nuove che si sviluppano rapidamente. Mi viene da pensare che ci sia un bilancio di superficie di foglie che se scende sotto un certo valore, parte la produzione di foglie nuove anche se probabilmente non avranno vita lunga, Ottobre è alle porte e poi Novembre.

Però ci sono anche i fiori. Il ciliegio selvatico ed un pero ne hanno tanti. Non ricordo di aver mai visto una fioritura così intensa a fine Settembre. Boh. Sto leggendo un bel libro di dendrologia. In realtà ho cercato un libro sugli alberi ed ho trovato questo libro, da pochi giorni so cosa vuol dire dendrologia. E’ scritto in un carattere minuscolo e faccio fatica a leggerlo. Kindle 1 – Libro di carta 0. Praticamente ogni due pagine c’è una orecchietta perché ne leggo mezzo capitolo e crollo dal sonno, nonostante il libro mi piaccia molto. L’autrice dichiara di NON abbracciare gli alberi, pur amandoli. Mi sembra una bella dichiarazione. Se vuoi abbracciare gli alberi, fallo senza dirlo in giro.

Ne ho per il belino di fare foto ai fiori, sarebbe la solita foto di fiori con lo sfondo di cielo blu. Che palle.

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Giornata quasi autunnale. * del 5 Settembre scorso.

Questa mattina una nebbietta umida bagnava lievemente le strade. In questa foto della webcam si vede bene un piccolo albero giallo, un acero platanoide. Non ha questa colorazione perchè è autunno ma perchè la pianta, messa a dimora due anni fa, questo agosto ha preso una scaldata e quasi tutte le foglie sono seccate. Spero sopravviva e che riprenda la prossima primavera.

Qui si vede bene; si capisce anche che un lato della chioma è spellacchiato, a sinistra rispetto al tronco. Ovviamente è il lato verso sud-est, quello dove prende il caldo maggiore. Subito dietro, pere. Forse con accurate potature e l’uso di sostanze chimiche potrei averne meno ma buone. Quelle che si vedono nella foto sono tantissime ma dure come pietre e delle pietre hanno anche il sapore. Mia suocera quando era qui, sfollata con noi per il COVID, le faceva cotte aggiungendo zucchero come se non ci fosse stato un domani.

In questo punto, tra un tiglio ed una grossa pietra alluvionale, c’erano le aromatiche. Rosmarino, salvia, timo. Dopo anni di mal celabile fastidio, ho dovuto ammettere che facevano disordine. Ho tolto tutto e seminato erbetta che nel giro di tre giorni è già spuntata. Ho dovuto utilizzare un prodotto anti formiche, altrimenti si sarebbero portati via tutti, ma proprio tutti i semi.

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La lingua incolta.

Il residuo dello scavo del revamping della Pozzanghera è stato trasportato qui e forma una lingua di collinetta che si estende dalla esistente collinetta verso nord. Inizialmente avevo pensato di tenerla pulita.

Invece ho scelto di lasciarla esattamente così com’è, ossia non togliere erbe e piantine che vi crescono e vedere cosa succede. Non solo; raccolgo in giro le ghiande delle querce, i semi dei carpini, dei tigli e di alcuni aceri. E li spargo sulla lingua, sperando che nasca qualcosa. Durante l’ultimo lancio di ghiande ho disturbato una lepre che vive nell’erba alta. E’ scappata fino ad infilarsi nella boscaglia e corre ancora adesso.

Altro esperimento davvero scemo. Erba del tipo “maciste” fatta crescere nel pratone, circondata da cenere di legno che ha impedito alle formiche di prendere i semi. L’erba è nata e dovrebbe via via espandersi e ricoprire l’intera Pianura Padana.

Altro esperimento destinato a fallire. Laddove il trattore con la cisterna ha creato disarmonia nel prato, ho gettato terriccio da prato e semi di “maciste”. Non avevo preparato la cenere e non ho dato antiformiche che sarebbero prima o poi finiti nella Pozzanghera. Insomma non sopravviverà neppure un seme.

La temperatura questa mattina è scesa per la prima volta sotto i 10 gradi centigradi, la rugiada è abbondante ed ora ci aspetta un lungo periodo di alta merda africana, ossia calda fuori stagione e priva di pioggia.

Fotoritocco mattutino, il cielo bruciato come sempre e non so cosa farci.

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Il Salone Nautico ed i coglioni.

Ieri pomeriggio, verso le ore 16, imbocco Corso Italia. Corso Marconi è chiusa al traffico, imbocco via Casaregis e di li via Cecchi. Il traffico si muove lentamente. Dietro di me un guidatore impaziente, arrivo al semaforo che da via Cecchi immette in Viale Brigate Partigiane, mi fermo perchè il semaforo è appena diventato rosso. Il guidatore dietro di me suona il clacson e dallo specchietto vedo che agita un pugno e grida qualcosa. probabilmente avrebbe voluto che io passassi con il semaforo rosso.

Mi si affianca superandomi leggermente e si ferma sulle strisce pedonali, tira giù il finestrino. Ha il collo tatuato completamente, un braccialetto di colore oro al polso, pettinato come la moda impone ai più svantaggiati. Si rivolge ad un vigile e gli dice qualcosa del tipo “qual’é il genio che sta causando questo casino”. Il vigile gli risponde “ci ho messo un’ora ad arrivare da Pegli questa mattina, qui ci sono consulenti che prendono centomila euro per decidere il traffico”.

Analizzo i due personaggi esprimendo idee del tutto personali. Un coglione ed un doppio coglione. L’automobilista è un coglione perché avrà perso un po’ del suo tempo, senza capire che il Salone Nautico è un evento che porta soldi e lavoro a Genova. Porta fatalmente disagi al traffico, sei giorni all’anno, sono spiacente. Ma riempie gli alberghi, ristoranti, paga stipendi a dipendenti e standisti delle aziende che espongono. A lui personalmente non porta alcun beneficio ed infatti si lamenta come se gli stessero cavando gli occhi. Non accetta il fatto che è normale accettare qualche disagio quando i benefici alla comunità sono enormi. Concetti astratti, come lo è rispettare il verde urbano e non buttare spazzatura nelle strade.

Il vigile invece è un coglione doppio. Non solo non capisce il ruolo del Salone Nautico, ma da anche addosso alla propria amministrazione; è una cosa indegna, è un ufficiale in servizio e non dovrebbe proprio.

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Saluti da Sauze.

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Corso Italia fa schifo.

Sporcizia ovunque, erbacce e spazzatura, cacche di cani, arredo urbano e pavimentazione degradata. Ho l’impressione che Corso Italia sia l’esempio di una perfetta sinergia tra cittadini di serie zeta ed una municipalizzata che lavora poco e male.

Però il ferramenta di Via Casaregis è estremamente pratico, gentile, collaborativo. E lo è anche il rivenditore/officina moto dove ho ritirato lo scooter. Due brave persone, due negozi dove fa piacere andare.

Il primo tentativo di installare la webcam è naufragato miseramente perchè il diametro del palo è leggermente superiore a quello della staffa. Ecco perchè sono andato dal ferramenta per acquistare i pezzi per un metodo alternativo di ancoraggio.

Adesso sarebbe tutto pronto per il montaggio, ma temo che la webcam avrà bisogno di un tempo indeterminato per poter tornare on-line. Se la webcam funziona su una altra LAN, quella di Basaluzzo, ma non funziona sulla LAN di Genova, bisogna andare per esclusione.

  1. La webcam funziona.
  2. Il POE funziona.
  3. Lo splitter funziona.
  4. I due cavetti necessari per collegare il router con il POE ed il POE con lo splitter funzionano.

Cosa resta che potrebbe non funzionare ? Il router TIM. Tramite il servizio assistenza on line ho chiesto di essere chiamato sul cellulare. Ho paura che potrebbe diventare una Odissea tra tecnici che mi dicono che la linea ed il router funzionano regolarmente, negozi TIM che non mi vogliono sostituire il router, neppure contro pagamento. Certamente io ho margini di errore, però a questo punto resta solo provare con un router nuovo, e siccome deve essere TIM, spero non inizi una lotta greco romana tra me e la multinazionale la cui maggioranza è straniera, in buona parte francese. Perchè noi italioti ci salviamo per gli spaghetti mentre tutto il resto viene fatto da altri.

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Faccia il pieno, grazie.

La situazione acqua nella Pozzanghera non è grave, tuttavia ho chiamato il mago della pioggia al quale ho chiesto il pieno, presa pozzo, dunque senza alcun pesce o mollusco o crostaceo o altri animali invadenti. Almeno lo spero; questo nella foto è il primo viaggio, ne seguiranno altri durante la giornata.

Dopo il primo carico, le quattro carpe in fila indiana.

Parliamone; gli Indiani in USA adesso si chiamano “Native Americans” che è corretto da ogni punto di vista. Però se io scrivessi “carpe in fila nativi d’America” non si capirebbe. Anche gli indiani dell’India adesso vogliono rigettare il nome India perchè attribuito loro dagli invasori inglesi, si chiamerebbe Bharat. “carpe in file Bharat” ? Ancora peggio. Insomma, le carpe sono incolonnate per uno.

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