Luglio, col bene che ti voglio…

Che noi a scuola cantavamo cambiando le parole tipo “Luglio, mi inculo un capidoglio e non ci penso più”. Dopo che da una decina di giorni le temperature massime sfiorano i 37°, il verde sta velocemente assumendo i connotati di fine Agosto. Con un mesetto di anticipo.

Ci sono ancora molti fiori, ma in certi punti l’erba sta seccando per lasciare il posto ad uno sfondo bruno-rossastro-giallino-grigio a seconda di quale erba è morta per ultima e se ci sono dei superstiti.

Alcune piante ricevono abbondanti forniture di acqua; sono quelle messe a dimora negli ultimi 3 anni, più o meno. Credo siano necessarie, anche se forse la pianta ne riceve solo un parziale giovamento, ma visto che c’è ancora molta acqua nei pozzi, diamoci dentro.

Ed ora qualcosa di completamente diverso.

Mi segno qui alcuni punti salienti della settimana a Chios, isola greca che è a due chilometri di mare dalla Turchia.

Arrivati ad Atene mi telefona il corrispondente agente da Roma. Mi dice che il nostro albergo è isolato per l’incendio che divampa sull’isola da 24 ore. Lo dico a Miriam ed alla coppia di amici che viaggiano con noi che ovviamente non mi credono. Devo insistere e fare la faccia seria e solo dopo ripetute assicurazioni capiscono che non sto scherzando. Cala il silenzio.

Breve consulto, in questi casi non sai a chi chiedere ed a chi credere, ma l’aeroporto di Chios è aperto e dunque ci imbarchiamo con la promessa che al nostro arrivo ci avranno trovato una sistemazione alternativa. Non la spiaggia, non una panchina, bensì una stanza di albergo con letto, please.

Due stanze in un albergo sul porto commerciale, bruttino, stile sovietico vagamente brutalista. La sera della prima notte chiamo il nostro albergo sul mare ed una voce squillante e felice mi dice che hanno riaperto e stanno arrivando gli ospiti.

Avviso l’agente e la mattina dopo facciamo i bagagli e ci dirigiamo verso la parte opposta dell’isola. Percorriamo un giro dell’oca per evitare l’incendio. A circa un km dalla destinazione scopriamo che c’è una discreta colonna di fumo davanti a noi. Ci infiliamo in questa strada che costeggia il mare tra due ali di alberi bruciati ed ancora fumanti, cenere ovunque, fumo e diverse squadre dei pompieri.

Arriviamo dall’albergo; il villaggio è deserto e l’albergo decisamente chiuso. Ci viene incontro una persona che si identifica come dipendente. Non è triste, è rassegnato; ci racconta che alle tre del mattino il vento ha inaspettatamente girato ed i pompieri hanno fatto evacuare tutti. In effetti il fuoco è arrivato a poche centinaia di metri.

Torniamo all’albergo soviet e per fortuna non avevano ancora venduto le nostre stanze. Dormiamo la seconda notte. La mattina dopo chiediamo all’agente se per caso potesse trovarci una sistemazione un po’ più gradevole. Siamo in vacanza, qualcosa di carino, grazioso, profumato?

Ci viene proposta una sorta di Bed and Breakfast sul quale ci sarebbe da parlare per un bel po’. Perché è decisamente bello. La terza e la quarta notte viene trascorsa in questo posto abbastanza diverso da come uno si aspetta in questa parte del mondo. Il nome è singolare; Bella Cisterna, antico presidio dei genovesi che su questa isola hanno gestito il commercio per un paio di secoli. Poi sono arrivati anche li i “comunisti turchi” ed i genovesi sono andati via. (quella dei comunisti è inventata di sana pianta)

La mattina del quinto giorno ci viene ufficialmente comunicato che il nostro albergo originale ha riaperto. Ed ecco dunque la fotografia del pesce.

Giriamo un po’ l’entroterra e fatalmente finiamo anche nelle zone distrutte dal fuoco. L’isola è magnifica, come tutte le altre numerose isole che abbiamo visitato nel corso degli ultimi due decenni.

Gli incendi sono di matrice dolosa. Ufficialmente hanno solo incriminato una donna che ha innescato l’incendio per colpa, non per dolo. Però i focolai sono stati almeno cinque diversi.

La proprietaria del B&B ci ha raccontato quello che dice il popolo ufficiosamente; hanno preso otto piromani, arrivati dalla vicina Turchia. Non so come siano riusciti a trovarli, ma fatto sta che pare siano stati impacchettati e portati ad Atene in gran silenzio, per evitare rigurgiti popolari anti Turchia. I rapporti della Grecia con la Turchia non sono fantastici da diversi secoli. Boh, chissà cosa è vero e cosa no.

E per concludere una nota climatica. Il Meltemi soffia solo con brevi pause giornaliere da Giugno a Settembre. La temperatura si aggira intorno ai 30° e l’umidità sul 35°. Ogni tanto qualche barca a vela viene disaberata; cazzi loro, ricchi fasisti che vanno in giro con barche trilionarie.

Ma quest’anno la temperatura per tre giorni ha superato i 40°, ed a quel punto anche il secco Meltemi diventa ostile. Di sera la sensazione era innaturale a dir poco, per due notti dormire è stato difficile, soprattutto per me, perché dormo con una persona che odia l’aria condizionata. Infatti Miriam con 42° stava benissimo. L’avrei accoltellata se non fosse stato troppo caldo anche per commettere un omicidio.

Vacanza in compagnia costante dei Canadair ed elicotteri.

L’acqua del mare Egeo invece è, in questa stagione, la più fredda del Mediterraneo, arrivando a malapena a 22°. Da +40 a +22 richiede una certa cautela, ma poi la sensazione è gradevole quando l’infermiere dell’ambulanza di fa uscire dal coma.

E basta coi pesci, che cazzo.
Spiagge deserte ancora per pochi giorni; a Luglio arriva la folla. Nella foto; il Consulente Biologico, insostituibile compagno di viaggio, che durante gli spostamenti ogni tanto se ne esce con un “guarda, una tortora africana” che io non vedo nella maniera più assoluta.
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