La crescita degli alberi.

Ho già scritto quanto segue ? Probabile; la perdita di memoria che accompagna l’invecchiamento delle cellule neuronali aiuta a riempire le pagine dei Blog, anche se con le stesse stronzate a più riprese. Comunque sia, opportunamente stimolato al riguardo, in questa afosa mattinata genovese ecco un corollario davvero inutile e superfluo delle mie lacunose osservazioni in merito alla crescita di giovani alberi messi a dimora (a Basaluzzo). Ho perso il conto di quanti alberelli ho messo a dimora cercando di ricrearmi un bosco che prima non c’era. Non che adesso ci sia, ma sta crescendo lentamente in questa terra argillosa della bassa collina basaluzzese dove cresce bene soprattutto l’uva.

Io metto le piante a dimora in autunno, quando non hanno più le foglie. Se hanno le foglie, perchè ad esempio sono dei pini, le defoglio con il napalm, così imparano. No, non è vero. Ammetto che ogni tanto insisto a prendere alberi anche nelle altre stagioni, sbagliando.

Il primo anno dopo la messa a dimora è l’anno della lotta per sopravvivere.  Si erano abituate a vivere in uno spazio ristrettissimo come un vaso ed hanno un impianto radicale minuscolo, sopravvivono solo perchè hanno sempre acqua. Basta una mezza settimana di terra secca e muoiono. Loro – le piante –  lo sanno e la crescita in terra e fuori terra è minima, stentata.

Il secondo anno si ambientano. Le radici si allungano timidamente nella terra e qualche ramo tenta una crescita ma le foglie sono sempre piccole, non si sa mai; se il pirla che da da bere si dimentica, le foglie grosse disperdono umidità e la pianta rischia uno shock termico e dunque, massima prudenza.

Il terzo anno diventano più coraggiose ed iniziano a spingere. Radici ed anche rami osano crescite più vigorose ed anche le foglie iniziano ad ingrossarsi. La pianta è meno delicata ma nei mesi secchi è ancora indispensabile dare da bere in caso di prolungato seccume.

Il quarto anno si consolidano. L’impianto radicale comincia a supportare lo sviluppo della chioma, la pianta assume la sua forma naturale e la crescita diventa quella della pianta in condizioni normali. L’innaffiamento estivo aiuta la pianta a rafforzarsi ed a creare un impianto radicale sufficiente per la sopravvivenza anche in condizioni di normale siccità stagionale.

Il quinto anno, se non sono accaduti fatti che hanno interrotto l’attecchimento durante gli anni precedenti, la pianta può essere lasciata in autonomia.

Mi sono inventato tutto di sana pianta, però quanto scritto rappresente fedelmente quanto ho potuto osservare in questi anni. I vivaisti e chi ti vende le piante si guardano bene dal dirti queste cose. Loro fanno finta di pretendere di immaginare che il cliente abbia queste nozioni. Un beato cazzo; ho perso decine di alberi perchè non davo loro da bere, l’innaffiamento a goccia è indispensabile, almeno per me.

Chiosa. Sono leggermente preoccupato per gli effetti del riscaldamento del pianeta. Dovrei sposare la causa di chi nega che le temperaure medie e puntuali stiano crescendo di anno in anno, e battermene il belino. Non ci riesco e preferisco non pensarci, ma quando vedo gli effetti del caldo sulla flora più esposta, mi sopraggiunge un senso di inquietudine che solo l’ipocrisia della mia posizione climaticamente comunque ancora oggi privilegiata mi consente di superare.

Ed ora una musichetta che nelle ultime settimane ho ascoltato un milione di volte.

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