Sono arrivati a 35 metri di profondità. Hanno incontrato due strati di pietre e sassi, strati spessi qualche metro, il resto è argilla. Scavano dalla mattina presto fino alle 3 del pomeriggio, poi la macchina si surriscalda.
Quando ho scattato questa foto, i tipi della ditta di scavi mi avranno guardato con sospetto. In questo rivolo di fango io ho colto la plasticità dell’esistenza nel suo scorrere perpetuo tra una pozza nel terreno, un tubo che ti aspira senza che tu necessariamente lo voglia e poi ti spinge nelle profondità buie esistenziali. Senza che tu batta ciglio, riemergi improvvisamente alla luce del sole per un breve ed effimero frammento di luce, poi sei di nuovo in una pozza. E la pompa ti aspetta, non per quello che credi, quello accade in certi posti dove ti fanno i massaggi con benefit. Qui ti succhia metaforicamente ma anche fisicamente e ti trasporta dove non vuoi. Nel decorso del tuo tempo ripeti questo ciclo senza comprenderne il significato, poi quando qualcuno decide che il lavoro è terminato, si spegne tutto, ti secchi e qualcuno deve rimuovere dove hai imbrattato. Considera inoltre che a pochi metri di distanza da te, nessuno ti fila. L’universo conosciuto è un milione di anni luce, ne consegue che la vita è davvero un fenomeno insignificante, tu ed io siamo insignificanti. Tu in particolare.
(il Tu è rivolto ad una entità di fantasia e Nessuno si deve offendere)