Sul salone vuoto dell’Immigrazione al JFK.

Rispondo a Roberto, che da diversi anni e per motivi a me oscuri continua a leggere queste pagine e non solo; ogni tanto mi scrive un commento sulle mie esternazioni.

Roberto: “sarà l’effetto Trump.

Il salone del terminal 4 del JFK dove vengono scrutinati i visitatori che entrano negli USA è una bolgia dantesca; caldo, rumore, gente che si sente male in una coda che si ripiega su se stessa con infinite giravolte in un labirinto di transenne. Ci sono 55 postazioni ma in genere non più di una decina di funzionari che controllano. Se tutti gli sportelli fossero aperti, le cose probabilmente sarebbero più veloci. Un cartello luminoso annuncia i minuti di coda; non di rado ce ne sono 60.

L’immediato post COVID fu diverso; eravamo su uno dei primi voli che atterravano dall’Europa dopo più di un anno di fermo, l’enorme salone era letteralmente deserto. Ma nel caso di questo venerdì prima di Pasqua, eh si, l’effetto Trump è la prima cosa che ci è venuta in mente. Posso certamente sbagliare, ma visto il giorno mi sarei aspettato il solito pienone. Mi sembra che il governo tedesco e quello inglese abbiano per esempio emesso dei comunicati avvisando i viaggiatori che vanno in USA di non fare errori altrimenti rischiano di non essere ammessi. Si leggono notizie di persone respinte, parenti ai quali viene impedito di vedere i propri cari. Però leggere i giornali non serve, troppo spesso contano balle e diffondono notizie non esatte o gonfiate ad arte a seconda del colore.
Ho in effetti il sospetto che si sia diffuso in Europa il timore che gli ispettori dell’immigrazione siano diventati degli agenti della Gestapo; famiglie divise, bambini strattonati e separati dei genitori. Urla, minacce, detenzione, ritorno immediato sul primo volo disponibile, i cani del K9 con un nuovo addestramento mortale.

Comunque sia, l’intervista all’immigrazione oggi è quella di prima; sei qui per turismo o per lavorare, hai dei parenti, quanto ti fermi, hai il biglietto di ritorno. Occasionalmente ti chiedono quanti contanti hai in tasca e se hai cibo in valigia. Si, va bene, spesso ti fanno la stessa domanda due volte e non sai se alla prima risposta, l’ufficiale non ti ha sentito oppure se è un trucco per vedere se ti contraddici. L’attitudine degli ispettori è ferma ma gentile, a volte scherzosa, lo è adesso come lo era con le amministrazioni precedenti. Insomma, non è una barzelletta, è una breve intervista che ha valore sostanziale per entrare in USA e bisogna farla seriamente.

Mia nonna, nata alla fine dell’800, per tutta la sua vita ha continuato a tenere premuto il pulsante dell’ascensore quando lo usava perchè era convinta che l’ascensore andasse più veloce. Lo avrà letto sulla “Domenica del Corriere”. A proposito di farsi idee strane su cose inesistenti.

Nella posta ho trovato la mia nuovissima carta di identità. Già scaduta, per motivi tecnici ed incontestabili. Devo rimodulare il mio status da queste parti, se insisto nel voler detenere un documento di identità che duri più dei tre mesi standard per un turista. La foto comunque è spaventosa ed è già un buon risultato da sola.

Ho riattivato la webcam numero 1, ferma da diverse settimane. Non riusciva a trasmettere per motivi ignoti, ma funzionava perfettamente. Allora ho scritto al servizio assistenza di Aruba e mi ha risposto così.

…da controlli effettuati e come da sua conferma di caricamento da client, non si riscontrano problemi nell’accesso FTP al dominio indicato.

La invito a tentare di inserire nel campo Host della configurazione della Webcam l’indirizzo IP 31.15.36.213 anzichè ftp.stva.it

E così ho fatto, la webcam è stata in grado di trasmettere immediatamente. Ovviamente mi domando perchè improvvisamente dopo anni di funzionamento regolare ho dovuto cambiare un parametro che fino ad un minuto prima andava bene.

This entry was posted in All possible crap. Bookmark the permalink.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *