Sarò breve.

Non ho il virus e non l’ho avuto. Ho fatto il test sierologico sul pianerottolo di casa. Ennesimo piccolo episodio davvero inusuale rispetto alla realtà alla quale ero abituato fino allo scorso febbraio. Il giovane ragazzo del laboratorio si è presentato in perfetto orario ed ordine, a metà tra due rampe di scala condominiale si è vestito come un Gostbuster ed ha prelevato il sangue mio e di Miriam come se niente fosse.

La mia testa esternamente potrebbe sembrare simile a prima, salvo per i capelli che sono disposti diversamente rispetto a quando andavo da un parrucchiere. Sono pieno di peli sopra e dentro le orecchie, tanto per dirne una. Ma dentro non è più la testa ante COVID. Qualche giorno prima dell’esodo a Basaluzzo (OK sono a Basaluzzo da qualche giorno) avevo preso lo scooter per andare in ufficio ed invece di premere il pulsante dell’accensione elettrica, avevo provato a metterlo in moto cercando la pedivella esattamente dove era nella mia prima ed unica Vespa 50 color Katmandù. Non facevo quel movimento da quando avevo 17 anni, stiamo parlando del 1978. Eppure mi è saltato fuori spontaneo come se i 43 anni trascorsi fossero ininfluenti. Affascinante, sono rimasto immobile a pensare al gesto che avevo appena compiuto, in quale ansa della mia corteccia fosse conservato non posso sapere, ma è incredibile pensare che in qualche circuito neuronale c’è ancora il movimento di accensione di una vespa 50. In teoria un giorno potrebbe tornarmi utile, forse. Ma quanta roba desueta e di scarsissima utilità viene conservata nella testa di un quasi sessantenne ?

Sono a Basaluzzo, dicevo. Siamo arrivati qui in semiclandestinità. La cosa non è normale, insomma pensare di salire in auto e varcare la frontiera regionale commettendo un illecito perchè i movimenti tra regioni sono interdetti è impensabile, o almeno lo era pochi mesi fa. I primi giorni sono stati ben strani; come se fossi sotto l’effetto di qualche droga, la luce intensa del sole, l’aria, il verde, filtravano a malapena nella mia testa. Forse le modalità della messa in moto a pedale della Vespa bloccavano l’accesso dei dati sensoriali al centro elaborazione. Non ero affatto felice; ho trovato una decina di alberi morti tra quelli che ho messo a dimora, più il solito bilancio di Olmi autoctoni morti per la malattia, ma per il resto le condizioni della natura non sono male. Ho scattato molte foto senza provare alcuna gioia. Una delle querce di Central park è morta, le altre invece crescono bene. Le tre nane californiane sembrano godere di ottima salute, questo inverno la Sequoia Gigante ed il Redwood sembravano allo stremo, invece sono sempre nani, ma verdi e pieni di getti.

Per il momento mi limito ad una foto della Carpa Bianca (1). Si insinua tra le alghe filamentose mangiando chissà cosa. Le 4 grosse sono vive, ho intravisto anche qualche avanotto classe 2020, ma quelli degli anni precedenti o sono ben nascosti o se li sono mangiati Gastone ed amici.

Potrebbe seguire una ampia discrizione di sensazioni, sentimenti e umori di questo periodo surreale e difficile, sulle incertezze di quando si riprenderà una sorta di vita relazionale attiva e per quanto riguarda il lavoro… ma per il momento è premauro. Ho compiuto uno sforzo notevole per comporre queste poche righe e non sono affatto stato breve come in premessa, dunque ora mi taccio esausto aspettando di aver ricaricato la batteria delle inutilità prima di scrivere qualche altra cazzata.

This entry was posted in All possible crap. Bookmark the permalink.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *