
Con Miriam basta poco, ovvero annunciare un temporale quando lei è in giro per Genova. Il temporale diventa subito alluvione ed un fulmine sta per colpire casa nostra, distruggere l’impianto di allarme, tutti gli elettrodomestici incluso il mio rasoio, aprire le finestre ed allagarci. Lei non condivide la mia eccitazione di quando sta per arrivare un temporale. Stiamo parlando di un classico temporale estivo che al più può far cadere qualche rametto e che di solito dura i canonici 15 minuti, ossia la dimensione media di una cellula temporalesca e la velocità media con la quale si sposta interpolata eventualmente con il collasso della colonna ed il suo dissolvimento.
Sto parlando in modo finto-tecnico e perlopiù sbagliato, semplificando una fenomenologia che in realtà è molto più articolata e complessa, ma le stagioni non sono più quelle cazzo di una volta ed oggi mi sono letto un articolo pubblicato sul New York Time Magazine che lascia ben poche speranze all’umanità di sopravvivere per ancora più di 100 anni, forse meno.
Parlare dei cambiamenti climatici è come discutere della morte. Sai come va a finire e non c’è nulla da fare, non ci sono cure o rimedi o profilassi o prevenzione. Il fatto stesso di essere nato ti porta prima o poi a morire. Il fatto stesso che esiste una umanità, la porta fatalmente nel sovrapopolare il pianeta, cambiare inesorabilmente l’equilibrio biologico dell’Ecosistema planetario e rendere la vita impossibile per la quasi totalità delle specie viventi. 100 anni e sarà tutto compiuto. Facciamo 150 se vogliamo essere ottimisti. Comunque ci estingueremo nella nostra ignoranza e presunzione, o se vogliamo toglierci ogni colpa, in conseguenza dal fatto che il nostro modello è progettato male, siamo in ballia della nostra incapacità di comprendere e sfruttare al meglio la nostra intelligenza, peccando di avventatezza ed impulsività.
Ora che ho depresso questa pagina, posso ritirarmi in silenzio. Ma non senza prima aver salvato la foto di Gastone.
