Tafani.

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Questa foto fatta con il cellulare fa abbastanza schifo.

Anche questa.

Anche questa.

Siamo partiti per la passeggiata convinti di fare una cosa domestica, ma come spesso accade, il giro è andato ben oltre quanto immaginato. In realtà io volevo dirigermi in una baita attrezzata con un barbeque e specialità locali che avrebbe corollato la giornata in modo degno e gastronomicamente rilevante, il tutto dopo una camminata di un’ora scarsa con poca salita. Invece abbiamo proseguito in salita per poi discendere 500 metri in libera, ossia per prati e boschi senza sentiero ma a naso. Non si dovrebbe mai fare così, ma mi vanto di conoscere bene i luoghi. ORa però accuso dolori vari agli arti inferiori. Miriam sta guardando in televisione delle pubblicità di dentiere, pannoloni e colluttori intervallati ogni tanto da un serial televisivo, ma intanto dorme.

giro

E sono stato punto due volte dai tafani sulla pancia. Si, nel mezzo dell’addome superiore, dove la forma del mio profilo  non segue la naturale linearità di colui che fa palestra, ma si evolve in una rotondità tipica di chi antepone il cibo all’attività fisica.

Ecco qui a fianco lo sforzo premiato dall’onanismo cartografico che consente al magico Google Earth di ricostruire la passeggiata con distanze e dislivelli. Quasi 8 kilometri ed un dislivello totale di qualcosa intorno agli 800 metri. Quelli della Iron Man li fanno in 15 minuti 50 volte al giorno.

Tornando ai tafani, due punture soltanto ma tanto era lo sforzo che neppure me ne sono accorto, salvo quando ha iniziato il prurito. Non ho altro da dire, salvo che questa sera mi prendo la rivincita sui tafani facendomi iniettare endovena un dose di reclette rovente.

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